venerdì 18 dicembre 2009


(immagine creata da Anna Rosati, che ringraziamo caldamente, tutti i diritti riservati)


Buon Natale e Felice anno nuovo a tutti voi, vicini e lontani!
un grande abbraccio dalla Capuzzo family!

domenica 6 dicembre 2009

25.11.09 MR. GREG E LE RELAZIONI SOCIALI A KAMPALA

Mr. Greg cresce a vista d’occhio in Uganda, in capitale. E felice nel compound dove viviamo, pieno di alberi, di amichetti con cui divertirsi e soprattutto sicuro e senza pericoli (quasi, visto che ha già tre cicatrici in fronte dovute a cadute di gioco). Ma è giusto che anche lui veda e viva la città per come è veramente, che va ben oltre il cancello dietro al quale ci ripariamo. A volte andiamo nelle stradine sterrate che scendono dalla strada principale e dopo le quali si apre un mondo a noi quasi sconosciuto. Purtroppo però non è facile essere bianchi a volte in Uganda e anche lui lo ha provato. Quando arriviamo nello spiazzo del quartiere pieno di bimbi che giocano palla, che saltano la corda, che si rincorrono, quasi tutti scalzi, piuttosto sporchi e con il naso che cola di regola…beh le attività si fermano di improvviso e tutti i bimbi in un momento sono davanti a noi con occhi sgranati, immobili, che ci osservano. Non appena Greg fa un gesto o io dico qualcosa esplodono le risate fragorose e le dita puntate verso di noi. Con tutta la buona volontà provo a dire a Greg di andare a giocare ma chiunque si sentirebbe un po’ a disagio in una situazione del genere…allora il dvertimento diventa ricorrere i coniglietti bianchi dagli occhi rossi che corrono sereni tra il pattume e dopo poco ce ne andiamo sconsolati. Sono convinta però che se continuiamo a frequentare lo spiazzo dei giochi diventeremo anche noi ben acccetti , come quella volta che siamo stati invitati a partecipare alla festa di quartiere(sullo stesso spiazzo) con canti e balli tradizionali.

Ma tra i vari episodi ce ne sono anche di piuttosto commoventi, vi ricordate quando vi avevo raccontato di Greg che vendeva banane lungo la strada? Spesso ci siamo fermati dalle donne lungo la strada che vendono pannocchie e banane, con una signora in particolare abbiamo fatto “amicizia”. La signora si siede sul ciglio della strada insieme ai suioi bambini, una, Patricia, di sette mesi e un altro ( o più,ma ancora non ho capito quanti e quali siano suoi figli)di sei o sette anni. Qualche volta ci siamo fermati e a giocare qualche minuto con i bimbi, a scambiare qualche chiacchiera in inglese misto a luganda e gesti e io ho acquistato una pannocchia abbrustolita; altre volte i miei suoceri hanno comprato pacchetti di biscotti e li hanno regalati ai bimbi. Ovviamente non ci apsettavamo nulla in cambio ma una sera, era già buio, stavo tornando a casa con Greg e un’amica e la signora era come al solito sul suo angolo di marciapiede con i suoi bambini, mi ha chiamata “mama Gregori!” e io a fatica nell’oscurità l’ho individuata e mi sono chinata verso di lei, mi ha porto un sacchettino dicendomi “for Gregori” e io attonita ma senza capire di cosa si trattasse l’ho ripetutamente ringraziata con un inchino come usano fare le donne ugandesi. Arrivata a casa, alla luce, ho aperto il sacchettino di plastica trasparente e ho trovato una giraffina di plastica e un gufo di terra cotta…il nodo alla gola è stato inevitabile soprattutto quando vedo come Gregorio tiene a questi due oggetti e li tiene felice tra le mani dicendo “galo” (che significa regalo). Quanto sono preziosi questi due semplici giocattoli!

Credenze interessanti:
In ufficio mi hanno detto che se sei cicciona significa che tuo marito si prende cura di te e sei fortunata…che culo!

sabato 12 settembre 2009

12.09.09 MR.GREG E’ UN VENDITORE DI BANANE

Episodio: passeggiando lugo la via vicino a casa a Kampala (strada grande, asfaltata e trafficata), ci siamo fermati ad acquistare delle banane da una bimba lungo il marciapede. La bimba (che avra’ avuto circa 9 o 10 anni e che credo abbia vissuto molto poco la propria infanzia) era seduta su di una stuoia con un cesto pieno di banane davanti a se’. Mi fermo, con Gregorio per mano, mi chino per chiedere il prezzo e scegliere le banane e Greg cominica ad urlare “nana, nana”! per evitare di fare la figura della madre che non nutre il proprio figlio gli sbuccio una delle banane appena comprate e gliene do un pezzetto, non appena la prende in mano si siede bello comodo affianco alla ragazzina a gustarsi la sua banana ed accarezzare le mani della bimba. Le donne che affianco vendevano panocchie abbrustolite o arachidi si sono messe molto a ridere a vedere questo “cosetto” bianco seduto nel bel mezzo del marciapiede a “vendere “ banane sorridente ma il bello è che quando gli ho detto che era ora di andare, che non potevamo rimanere li tutta la sera lui bel bello mi ha fatto “bye bye” e si è sistemato meglio accanto alla sua nuova amica, pronto a spedirmi a casa da sola. Portarlo via è stata un’impresa tra le risa delle signore affianco e i passanti che si fermavano stupiti ad osservare la scena, per una volta, di un europeo nei panni di un africano…sul ciglio della strada.
E’ proprio vero che i bimbi non hanno confini..che meraviglia!

domenica 30 agosto 2009

30.08.09 MR. GREG E LA CAPITALE DELL'UGANDA

Eccoci di nuovo qua, dopo mesi, ma siamo giustificati infatti ci sono stati graaandi cambiamenti!
Dalla bucolica vita di “campagna” in villaggio Greg si è trasferito con la sua mamma nella caotica capitale Kampala. Kampala è, come la maggior parte delle capitali africane, un caos. Si può trovare di tutto, ma proprio di tutto, anche per le nostre sofisticate esigenze da espatriati europei. Ciò che offre questa città è paragonabile ad una grande città europea compresi casinò, ristoranti per tutti i gusti, piscine, palestre, cinema e teatro… insomma volendo potremmo spassarcela alla grande ma in realtà noi ne approfittiamo pochino… ma Kampala non è solo lusso è anche l’Owino market, il mercato centrale (enorme) costituito da baracche una sopra all’altra che creano cunicoli stretti e maleodoranti tra i quali “passeggiare” per cercare l’articolo desiderato tra centinaia di persone che gridano,che corrono, che mangiano… ci sono le zone dei vestiti da uomo, zona degli asciugamani, zona delle sarte e stoffe…
Kampala è anche i bambini di strada, ai semafori che chiedono l’elemosina; è venditori ambulanti ad ogni angolo di strada che vendono i prodotti più impensati come sdrai, giocattoli, giochi di società, oppure fanno la pedicure o la manicure sul marciapiede solo muniti di una cassettina porta oggetti.
A Kampala ci sono i quartieri ricchi con ville dietro ad alti cancelli o siepi verdissime ma ci sono anche le baraccopoli dove vivono le persone che sono scappate dalla ventanale guerra al nord e si sono sistemate in zone divise per tribù. I bambini di queste baraccopoli parlano luganda (lingua della regione centrale dove si trova kampala) poichè lo utilizzano a scuola, ma parlano anche e soprattutto la lingua delle regioni da dove provengono e seguono le tradizioni della propria tribù nonostante vivano nella capitale..insomma ci sono tante città nella città.
E’ difficile, credo, riuscire a conoscere Kampala e tutti i suoi segreti e le sue contraddizioni ma è anche tanto affascinante crecare di guardare sempre “dietro” ad ogni cosa, dietro al supermecato dalle mille luci, dietro alla strada asfaltata e illuminata, dietro ai locali lussuosi c’è sempre un altro mondo!Un mondo dove vivono migliaia di persone, la sera al buio poichè non hanno l’elettricità, ma che si muovono, chiacchierano, cucinano, si lavano, fanno la spesa…soltanto , spesso, non visti dagli occhi di chi non vuole vedere.

mercoledì 17 giugno 2009

17.06.09 BIANCO&NERO

Non è facile affatto essere un bianco in Africa, beh per ora parlo dell’Uganda non dell’Africa intera , che non conosco. Capisci davvero cosa significa discriminazione, che non vuol dire per forza violenza ma semplicemente la difficoltà della diversità, del capire l’altro.
Ti seppeliresti quando ti senti osservato da centinaia di persone, quando ogni tuo gesto o movimento viene “scannerizzato” da centinaia di occhi fissi su di te, quando una tua parola scatena ilarità e risolini o viene ripetuta più e più volte nei succesivi minuti da tutti coloro che erano vicini…non c’è niente di cattivo o violento in tutto questo, è solo l’espressione della diversità e se a essere diverso sei tu… fa male.
Ci capita spesso di partecipare alla vita della gente come andare al mercato, assistere a manifestazioni pubbliche, religiose..etc.spesso siamo gli unici bianchi o abbiamo la compagnia di pochi altri..ma quasi sempre siamo gli unici con un bimbetto di un anno e mezzo biondo e boccoloso con la pelle candida e gli occhi azzurri…
Tante volte mi sento spogliata da questi occhi così indagatori, è come se fossi nuda davanti a tutte quelle persone che mi osservano, che guardano come mi comporto come madre, cosa fa Gregorio, come mi atteggio con mio marito…
Molto probabilmente non giudicano ma a me pare così, molto probabilmente osservano e basta e sono curiosi di vedere se davvero I bianchi sono così diversi da loro come hanno raccontato I nonni o come si vede nei film americani…
In questi momenti penso a tutti gli immigrati in Italia dal colore della pelle diverso dal nostro: quanti pegiudizi nei loro confronti e come si devono sentire a camminare per la strada o sedersi in autobus con gli sguardi di tutti addosso o le donne che stringono a se’la borsa più forte o le mamme che prendono I bimbi per mano come se fosse arrivato un pericolo improvviso.
A volte davvero è necessario entrare nei panni dell’altro per capire le sensazioni che certi nostri atteggiamenti possono provocare e quindi come mi sento a disagio quando sono tanto osservata in Uganda ugualmente faro’ attenzione a come guardo o come mi rivolgo ad un nero/mulatto/arabo…in Italia e poi basta pensare che il razzismo è dei bianchi verso I neri…puo’ essere l’inverso e anzi è “ogni atteggiamento di intolleranza e discriminazione basato su pregiudizi sociali”(Dizionario italiano di base, Giunti 2004) e anche noi siamo vittime di pregiudizi in questo Paese, e tanti ,ed è nostro compito sfatarli ( se non sono reali, ma a volte lo sono! ) Insomma sto imparando a guardare le cose da diversi punti di vista e quando si tratta di relazioni interpersonali bisogna tentare di mettersi nei panni altrui!

lunedì 9 marzo 2009

09.03.09 MR.GREG MANGIA "GLOCAL"

Mr. Greg sta crescendo e ormai le sue papille gustative stanno sperimentando di tutto: dalla terra, che ha cominciato ad assaggiare fin da quando aveva pochi mesi, ai sassi, I legnetti ma anche gusti di cibi commestibili come guava, ananas, papaya, banane che sono I suoi frutti preferiti e ovviamente sono tutti locali e freschi. La sua dieta pero’ è anche un po’ italiana e globale in quanto la sua prima pasta sono stati I classicissimi maccheroncini Plasmon , spediteci dalle nonne in quantità industriali; al mattino beve latte in polvere, che è forse il prodotto più global che si sia; si nutre di ettogrammi di grana padano a volontà e di ettolitri di olio di oliva e a volte mangia la pizza. Alternato a questi gusti prettamente italiani ma anche globalmente conosciuti lui ha il privilegio di mangiare I chapati: una sorta di piadina fritta; I mandazi: frittelline di pasta dolce; il matoke: banane cotte dentro alle loro stesse foglie(il nome deriva dal tipo di banana chiamata così), è il piatto principale dei baganda che dicono che se ad una festa non c’è il matoke puoi aver mangiato anche 2 kili di riso ma è come non aver pranzato! E poi ancora pesce affumicato, è l’unico modo in cui si trova nei mercati visto che la conservazione non puo’ essere fatta altrimenti nei villaggi; cassava: tubero simile alla patata e si puo’ trovare fritto o bollito …
Ma la cosa più interessante è che sta imparando il vero modo di mangiare local e cioè : qualcuno passa a farti lavare le mani con bacinella, sapone e tanichetta per l’acqua; ci si serve nel piatto unico più roba possible compresa la frutta e poi si mangia con le mani( generalemente con una ma noi non siamo capaci) e in fretta. Infine, ma solo infine, si puo’ bere : se lo fai prima potresti gonfiarti lo stomaco e non lasciare lo spazio per il cibo e dunque è considerata buona regola bere soltanto a fine pasto.
Tradizionalmente non ci si serve con I piatti ma tutto viene cotto (come sempre sui fornelletti con sotto il carbone) dentro alle foglie di banana: il matoke, il pollo, le salse di arachidi con il pesce. Ciascuna salsa dentro a un fagottino di foglie di banana e chiuso con le fibre sottili delle stesse e poi viene servito a ciascuno il suo e dal fagotto più grande si prende il matoke e da un altro piatto il riso e si intige tutto insieme dentro al proprio fagottino…grazie a questa particolare cottura il tutto prende un gusto davvero particolare e si mantiene ben caldo per diverso tempo. A noi, che abbiamo cenato così a casa di amici proprio ieri sera …sembra molto “esotico”. La cottura è piuttosto lunga e noi ci chiedevamo come si faccia a capire quando è pronto se è tutto chiuso dentro alle foglie ma ci hanno spiegato che è quasi pronto quando dalle foglie esce il fumo (mi sembrava di parlare della pentola a pressione!), da quel momento si lascia cuocere ancora un po’ e poi è pronto da servire. Non so se molti preparino il cibo in questo modo, le coppie moderne e le donne che lavorano non credo ma penso che nei villaggi o nelle occasioni sia di routine.(certo non è di routine mangiare sempre carne e pesce che sono cibi preziosi e costosi)
Mr.Greg ovviamente durante la cena ha fatto un gran paciugo spargendo riso e matoke ovunque ma ha la scusante che è un bimbo piccolo, la mamma invece la scusante non ce l’ha ma il paciugo l’ha fatto lo stesso!

lunedì 16 febbraio 2009

16.02.09 TRA TRADIZIONE E MODERNITA’

Nella cultura dei baganda, coloro che abitano il regno del Buganda che oggi corrisponde circa alla moderna denominazione di Regione Centrale, una donna che sia fidanzata o sposata non puo’ incontrare il suocero. Se va in visita a casa dei suoceri deve indossare l’abito tradizionale (gomez) e deve essere il più coperta possibile ma soprattutto non puo’ rivolgere la parola al suocero, né guardarlo negli occhi, né stare nella stessa stanza. Ci è capitato di andare a trovare i genitori di un collega di Matte insieme alla sua fidanzata e alla loro bimba, hanno la nostra età, qualche volta passiamo le serate insieme e abbiamo parecchio in comune. La ragazza, che indossava una gonna corta e una camicetta, appena scesi dalla macchina ha tirato fuori dalla borsa una coperta e uno scialle e li ha indossati sopra ai suoi vestiti. Ovviamente ho chiesto spiegazioni e mi ha detto che non aveva con sé l’abito tradizionale, è troppo scomodo e non le andava di fare il viaggio con quello, e dunque si doveva coprire con qualcos’altro per poter entrare in casa dei suoceri. E’ sempre stata distante dal suocero, ho osservato attentamente tutte le mosse, e stava attenta a non capitargli vicino. A quanto ho capito è una forma di rispetto. In ogni caso le donne stanno in cucina a scambiarsi confidenze mentre cucinano e giocano con i bambini e gli uomini fanno chiacchiere sul divano in attesa che arrivi il cibo. Io come sempre sto con gli uomini ma non mi è ancora chiaro se è perché sono bianca o semplicemente ospite.. Ci sembrano cose anacronistiche, lontane e quasi impossibili da realizzarsi eppure nella moderna Uganda ancora sono regole molto rispettate. Giovani donne laureate, che vivono e lavorano in capitale, vestite alla maniera occidentale spesso molto eleganti, magari in carriera e che conoscono perfettamente la tecnologia, le ultime mode…quando vanno al villaggio di origine rispettano in maniera ligia le regole tradizionali e spesso ne vanno orgogliose. Io mi chiedo tutti i giorni se sarei capace di avere una vita così divisa tra modernità e tradizione e amare entrambi i modi di vivere. Quello che vi ho raccontato è solo un minimo esempio di mille e mille costumi che si devono rispettare a cominciare dal matrimonio tradizionale che deve svolgersi prima di quello in chiesa (per i cattolici) e che consiste in una funzione secondo le regole della famiglia, del clan e segue una serie di rituali tradizionali ed è legalmente valido . In quasi ogni aspetto della vita quotidiana ci sono le regole dettate dalla legge e quelle tradizionali che vengono sempre e ugualmente rispettate. Se penso che noi ormai non conosciamo nemmeno più il nostro dialetto di origine… Puo’ sembrare anacronistico e un modo lento di avvicinarsi al progresso ma a noi risulta davvero molto affascinante e ogni giorno impariamo qualcosa di nuovo: quanto c’è da capire ancora!