venerdì 24 maggio 2013

12.5.2013 I GENITORI DELLA SPOSA

La scoperta e i preparativi


Siamo stati i genitori della sposa. Strano , visto che abbiamo 34 anni e due figli maschi e invece...la ns baby sitter, Turu, un giorno ci dice che ha deciso di sposarsi dopo 3 settimane. Siamo un po’ stupiti ma contenti e le chiediamo qualche dettaglio, con serenita’ ci annuncia che noi siamo i genitori ” mamma e babbo!”-come ci chiama usualmente in casa!- d’altronde come darle torto, se chiama cosii’ tutti i giorni bisogna poi prendersene le responsabilita’ ... comunque un po’ alla volta scopriamo anche che significa che la casa dei genitori dove si svolgera’ parte del matrimonio e’ prorpio la nostra! E anche qui ci diciamo, ovvio cosa pensavamo!? Se siamo mamma e babbo dovremo anche mettere la nostra parte. Cominciamo a chiedere dettagli giorno dopo giorno per capire cosa succedera’ quel giorno e chi deve fare cosa, il tutto in misto di italiano-amarico-inglese-gesti che a volte puo’ essere un po’ confuso. Capiamo poco ma abbastanza per andare ad ordinare una torta in pasticceria rigorosamente a gesti e facendo il disegno sun un pezzo di carta, saro’ molto soddisfatta del risultato alla fine! ; capiamo di dover comprare ai bambini i vestitti tradizionali perche’ dovranno spargere fiori e portare candele e cosi’ io e Arianna che mi accompagna veniamo scortate a fare spese personalizzate sul bajaj (tuctuc) dal proprietario di un negozio di ferramenta che improvviasamente si scopre essere anche proprietario di un “emporio” di abiti da bambini e apre appositamente per noi il negozio-baracchetta e tira fuori due completi tradizionali da bambino, gli unici che ha, macchiati e di taglie dubbie ma non posso far altro che acquistarli, in effetti i pantaloni saranno grandissimi constringendoci a mettere dello spago attorno alla vita del Gere e le camicette troppo strette costringendoci a tagliare un pezzetto di collo per infilarci la testa! Sentiamo la necessita’ di essere meglio infomrati e chiediamo ad amici e colleghi se qualcuno sa come si svolge una cerimonia Guraghe, in Etiopia ci sono circa 80 tribu’ e ciascuna ha tradizioni diverse quindi mentre siamo in un bar a berci un succo di frutta con un collega che proviene dal nord chiediamo tra i negozianti chi e’ guraghe , si sparge la voce e si va alla ricerca nella via di signore anziane di questa tribu’ in grado di darci le corrette informazioni su cosa una madre e padre della sposa guraghe devono fare. Scopriamo che per fortuna non dobbiamo fare nessun regalo ( non eravamo pronti!) alla famiglia di lui, che dobbiamo accogliere lui e parenti e amici a casa nostra e che ci baceranno le ginocchia!!!
Ci pare di avere abbastanza informazioni ma il giorno si avvicina e un po’ di emozione sale. Due giorni prima tornando dal lavoro troviamo la casa completamente cambiata, tutti i mobili ( per fortuna non sono tanti) spostati, un materasso dalla camera dei bambini e’ stato trasformato in divano in sala,i giochi dei bambini e le scarpe nascosti chissa’ dove, caffettiere e fiori sparsi un po’ in ogni angolo, alla sera non troviamo i nostri beauty case...Turu ha deciso di fare spazio e rinnovare la casa per la festa imminente...non possiamo che alzare le spalle e dire, se ti piace cosi’ va beh anche perche’ adesso chi si mette a rispostare tutto!

Il grande giorno


Finalmene e’ il giorno della festa, dal mattino arrivano amiche e parenti a cucinare, si improvvisa un fuoco con 3 pietre al centro per mettere a cuocere il sugo in un mega pentolone, anche la “vera” cucina si anima e si riempie di odori, i vicini cominciano ad arirvare con piatti e bicchieri, aiutano nelle decorazioni, io sposto cinquanta volte i tavoli per incastrare al meglio l’angolo buffet, ci hanno detto che arriveranno una cinquantina di persone...
Matte va a prendere la sposa a casa sua e la porta da noi, coperta sotto ad uno scialle scopre una pettinatura alta mezzo metro piena di brillantini e fiori! E’ bella.
Mi dicono che tocca a me vestirla e truccarla e cosi’ mi faccio aiutare da una vicina tra un po’ di agitazione, qualche risatina nervosa e una lacrimuccia, mi sembra davvero di sposare una figlia ( o forse una sorella vah!) appena in tempo smette il temporale improvviso e siamo pronte. Si sentono i clacson, arriva lo sposo! Un pullmino, un secondo, un terzo, rischio lo svenimento e annaspando chiedo a colleghi e vicini di portare altri piatti e bicchieri di corsa.
Accompagnato da una sessantina di amici Teodros arriva tra canti e balli, ci mettono circa venti minuti a percorrere 50 metri- mah fuinzionera’ cosi’ - e intanto io e Matte chiediamo in giro dove dobbiamo posizionarci, se accoglierlo fuori o dentro casa insieme alla sposa, il viso si imperla di sudore, lo sposo e’ serissimo, sguardo basso. Oddio! Bisogna essere tristi secondo questa cultura? Ci ricordiamo che le spose ugandesi dovevano apparire tristi perche’ lasciavano la famiglia di origine, questa volta non sappiamo e decidiamo che no, noi sorrideremo perche’ siamo felici.
Accogliamo lo sposo e i sessanta amici rigorosamente solo maschi , intanto escono dalla camera dei bambini le damigelle di lei , 4 tutte vestite uguali di un bel color corallo cangiante, truccatissime e profumatissime , mi accorgero’ piu’ tardi che la camera die miei figli era diventato un gineceo mentre io vestivo la sposa e ci metteremo 2 giorni a ricomporla.
Finalmente ci sediamo ai posti di onore e cominciano ad entrare gli invitati per il buffet, tutto rigorosamente etiope, amici e vicini si prodigano per distribuire da bere , Matte finalmente mette su la musica che ha cercato per settimane: guraghe, da matrimoni, moderna, anche questa tutta rigorosamente etiope. Si mangia e si balla, sembra un po’ un rave party visto il numero dei convenuti e la vicinanza obbligata gli uni agli altri. Posso sfoggiare la torta che ‘e stata ricoperta di un bel rosa ( non richiesto) che si intona al vestito delle damigelle , deve essere una cosa nuova per loro, non e’ attesa e non sanno cosa devono fare quindi diamo un coltello e facciamo le cose un po’ all’occidentale ( almeno lasciatemi il momento torta alla mia maniera!) . i nostri “suggeritori culturali” ci avvisano che stanno preparando fuori due sedie per noi, che dovremo sederci e gli sposi verranno a baciarci le ginocchia, intanto danno candele e fiori ai bambini che di bianco vestiti accompagnano gli sposi fuori dalla casa tra urla di giubilo verso di noi. Gli sposi si inchinano e ci baciano le ginocchia, imbarazzo , e non e’ finita, tutti i testimoni ( 4 a testa) fanno lo stesso. Finalmente ci alziamo e ci chiedono di dare le benedizioni agli sposi, ma porca miseria questa non ce l’avevano detta! Di solito lo fanno gli anziani...in questo caso pensiamo che valga la posizione e in quanto genitori della sposa.... chiediamo di poter parlare in inglese e cosi’ facciamo i nostri discorsetti di amore eterno, di sorveglianza divina, e condividiamo la nostra gioia di essere felicemtne sposati, questo e’ uno dei momenti che mi emoziona: poter dire a tutti quanto amo mio marito, quanto sia orgogliosa dle nostro matrimonio e quanto sia felice di poter testimoniarlo ad una nuova coppia ( sono stata un po’ meno smielosa per non beccarmi una gomitata in pancia seduta stante! ) . Se ne vanno , di nuovo venti minuti per percorrere 50 metri tra canti e balli sempre piu’ gioiosi. Dopo un po’ li raggiungiamo ad un ristorante dove ballano, cantano e bevono, intanto qualche damigella e qualche amico di lui cominciano ad “avvicinarsi”...scattano i classici intorti da matrimonio. Verso le sette di sera si risale tutti sui pullmini e sulla nostra macchina ( una quindicina circa di persone per un fuori strada che ne conterrebbe 9!) per andare dai genitori di lui, scopriamo passaggio dopo passaggio all’istante e tentiamo di adeguarci, i nostri figli sono un po’ storditi ma incuriositi quindi andiamo. Si fa buio, ha piovuto e la strada e’ completamente in mezzo ai campi. Gli autisti dei pullmini noleggiati si rifiutano di proseguire e mollano i passeggeri a piedi, noi proseguiamo con sposi e testimoni e Matte che e’ un manico al volante, la macchina che scivola e sbanda continuamente. In lontananza vediamo un falo’ e ci dicono che quella e’ la casa. Scendiamo stretti tra tutti i parenti che ci accolgono con applausi e grida davanti al falo’, entriamo in un cancello e li’ si apre uno spiazzo, ci saranno 150 persone sedute compostamente sulle panche sotto a dei tendoni, noi veniamo accompagnati su di un palchetto, sediamo alle poltrone affianco agli sposi. Di nuovo si mangia, ci serviamo e cominciamo a mangiare e alcuni intimi degli sposi vengono ad imboccarci, e’ tradizione e ricevere il boccone ben fatto , ricco di tutti i sughi e’ un grande onore, rimango stupita dalla squisitezza del boccone che mi ritrovo a gustare.io non riesco a mettere insieme i sapori a quel modo! Beviamo teji, liquore di miele tipico dei matrimoni, mangiamo carne cruda, grnade prelibatezza, e assistiamo allo scambio degli anelli. Ancora fiori, canti e balli e alla fine con i bambini addormentati in braccio torniamo a casa alle undici di sera esausti ma con il sorriso stampato sulle labbra. La sposa e le sue damigelle rimarranno la notte e festeggeranno ancora la prima notte e il giorno successivo- non so con che forza- il secondo giorno lo sposo si trasferira’ da Turu e cominceranno la loro nuova vita.

Il dopo


Il giorno dopo riceveremo complimenti da tutto il vicinato( che per giorni viene a recuperare le pentole e le vettovaglie prestate) e dalla strada....eh gia’ prendendo i mezzi in diversi ci dicono di aver sentito che abbiamo fatto i genitori della sposa , che e’ un gran dire per Wolisso, che ci siamo comportati da veri genitori..per fortuna! L’ansia e’ sparita ed e’ rimasta la soddisfazione. Ora un profilo di pancetta si intuisce dall’abbigliamento di Turu, presto diventeremo pure” nonni”!

domenica 7 ottobre 2012

07.10.2012 SI COMINCIA...!

Come in Italia per voi tutti comincia l'autunno, cominciano le scuole, le attività ricreative..anche noi insieme alle piogge che finiscono e il sole che arriva cominciamo tante nuove attività: la mamma che lavora a tempo pieno, la scuola che finalmente è iniziata dopo tre settimane di indecisione... la data ufficiale infatti di inzio del secondo anno di asilo di Gregorio sarebbe stata tre settimane fa ma ogni mattina andavamo a scuola ma siccome c'erano pochi bambini venivano rimadati a casa , così fino a che il numero non è stato sufficiente: 320 circa! ecco ora si può iniziare, le aule sono piene ( nel vero senso della parola). In Etiopia la scuola funziona come gli autobus: finchè non sono pieni non si parte! Ecco quindi che Gregorio armato di zainetto con merenda e acqua dentro , uniforme lavata e stirata con tanto di pantalone blu con la piega è pronto ogni mattina a salire sul bajaj ( veicolo a tre ruote ) e raggiungere la sua classe e i suoi 52 compagnni. Geremia per ora si accontenta di accompagnarlo fino al cancello urlando "anch'io cuola!". Un'altra novità della famiglia è che abbiamo ceduto il nostro amato Bambù alle suore della parrocchia che lo useranno per caricare un po' di materiali, purtroppo ne stava combinando di tutti i colori nel nostro compound: mangiando il cibo dei vicini, strappando i vestiti appesi ad asciugare sui fili, ribaltando cuscini delle poltrone sotto ai portici, andando verso l'ospedale e avvicinandosi pericolosamente ai reparti...insomma un bambino birichino. Oggi siamo stati a trovarlo dalle suore ed è felicemente in mezzo ad un campo in compagnia delle vacche. informazione di servizio: il grana è arrivato grazie alle nonne scrupolose che non ci fanno mancare niente!

venerdì 17 agosto 2012

17.08.2012 ECCOCI DOPO MESI DI ASSENZA...

Siamo sempre qua, sempre noi,sempre in Eiopia. eh già perchè a quanto pare ci staremo un altro annetto... In questi mesi Mr. Greg e il suo fratellino sono cresciuti e si stanno tanto affiatando quanto diventando sempre più pesti. Le nostre vecanze in italia tra giugno e luglio sono state per loro come entrare nel paese dei balocchi: coccolati, viziati, imboccati...dai nonni in primis e da tutti coloro che incontravamo, beh anche mamma e babbo ci hanno dato sotto con i vizi soprattutto gastronomici! E' stato bello stare un po' con gli amici di sempre e godersi un po' di bella Italia, amci e cibo si sa all'estero sono quello che manca di più! Al nostro rientro in Etiopia ci siamo portati dietro Santa Nonna Dane che ha edulcorato un po' il distacco dall'opulento occidente e aiutato il reinserimento nella semplice realtà di WOlisso. Sono state settimane intense anche per un'altra presenza...gli scout! 27 giovani e rampanti bolognesi sono stati due settimane a Wolisso insieme ad una quarantina di novelli scout eiopici e insieme hanno cantanto, ballato, lavorato, mangiato, riso, pianto...( vedi clanmayflower.wordpress.com) in un'esperienza unica da entrambe le parti e sicuramente divertente anche per Mr. Greg che sta scoprendo il magico mondo dello scoutismo nonostante le remore del padre!! In attesa di qualche nuovo evento da raccontarvi annuncio pubblicamente che stiamo per rimanere senza grana padano ( o parmigiano reggiano, non facciamo differenze!), chi ha orecchie per intendere intenda!

martedì 24 aprile 2012

24.04.2012 LA PASQUA IN ETIOPIA

Secondo il calendario etiope ora siamo nel mese otto (come dire agosto) del 2004 e tutte le date, comprese le festività sono scombinate. E’ così che noi qua abbiamo celebrato la Pasqua una settimana dopo rispetto all’Occidente. Ma è stato bellissimo osservare come la gente dopo 55 giorni di quaresima e di digiuno, non possono mangiare uova, latticini e carne, si preparavano al giorno di festa. Nella settimana precedente aleggiava già un clima di festa e al mercato cominciavano ad alzarsi i prezzi di tutti beni, dalle campagne arrivavano i contadini con il bestiame e ciascuno aveva in mano almeno una gallina. Agli angoli delle strade c’erano nugoli di gente affaccendata a trattare il prezzo di una gallina, di una gallo, di uova. Il giorno di Pasqua è tipico festeggiare mangiando injera con il sugo di pollo e uovo sodo, dorowat. Al sabato al mercato tutti erano già vestiti a festa, si sentivano risate e si vedevano abbracci sotto ogni capannetta, il clima di grande attesa dei mesi passati si stava trasformando . Alla notte gli ortodossi vanno in chiesa fino all’alba, quando rientrano macellano gli animali: capre, agnelli e cominciano a mangiare finalmente carne. Anche nel nostro compound i giorni precedenti si potevano udire belati e galline razzolare, Geremia ne era molto contento perhè è un gioco speciale correre dietro alle galline! La notte di Pasqua improvvisamente tutti i versi degli animali sono cessati , i vicini cominciavano a festeggiare.

lunedì 5 marzo 2012

05.03.2012 MR. GREG SCOPRE MONDI NUOVI OGNI GIORNO

Mr. Greg ha passato un pomeriggio diverso in compagnia dei bimbi malnutriti dell’ospedale di Wolisso. L’occasione è stata un’attività di disegno per poter spedire gli elaborati dei bimbi ad una fondazione e così siccome l’età li accomunava me lo sono portato dietro. Con gli occhi sbarrati guardava i bambini pieni di tubicini nelle braccia o sul viso, alcuni in carrozzella, altri talmente deboli da dover essere sostenuti dai genitori o dai nonni. Non era la prima volta che vedeva i bambini malati ma forse era la prima volta che faceva un’attività con loro. Con grande generosità ha offerto i suoi colori a dita per poter permettere a tutti di stampigliare la propria manina su di un foglio e mi ha aiutata nell’impresa: prima si è offerto come esempio e ha fatto vedere ad una sala piena di bimbi e genitori come immergere la manina nel colore rosso o blu e poi stamparla sul foglio, successivamente mi ha aiutata a farlo fare ai bambini, parlando addirittura in amarico. Quel pomeriggio non mi ha mai chiesto “ quando andiamo a casa?” come di solito fa quando si trova in una situazione difficile e appariva sereno.
Qualche pomeriggio prima eravamo stati all’orfanotrofio a portare vestiti smessi suoi e di Geremia, anche in quell’occasione aveva dimostrato molta generosità e mi ha fatto molte domande su come vivessero quei bambini tutti insieme, ho cercato di dare spiegazioni il più semplice possibile ma chissà nella sua testolina vedere la sofferenza di bimbi come lui come viene rielaborato.
Una chicca di qualche giorno fa: quando ha il raffreddore lo stressiamo che si deve soffiare il naso e prima di entrare a scuola gli infilo un fazzoletto nella tasca dei pantaloni raccomandandomi di utilizzarlo se dovese avere “la moccola” e lui mi risponde : “ ma gli altri bambini non usano il fazzoletto, si tengono la moccola che cola dal naso e basta”.

mercoledì 8 febbraio 2012

08.02.2012 DI CASA IN CASA

Le case del villaggio di Galye Rogda si assomigliano tutte: capanne circolari con le pareti di fango e sterco e il tetto conico di canne. All’esterno in questo periodo hanno tutti almeno un covone di teff, sacchi pieni di peperoncino, qualcuno ha un asino o una capra , a volte le galline. Sempre ci sono bimbetti seminudi che urlano e giocano. Se ci si avvicina i bimbi si moltiplicano uscendo dall’oscurità delle loro capanne. Sono stata con il personale della sanità pubblica a visitare qualche villaggio, in genere si fanno programmi di nutrizione, colloqui sulla prevenzione della malaria, si insegna a costruire e utilizzare le latrine, si controllano le fonti di acqua, si fanno vaccinazioni ai bambini e alle madri. L’altro giorno ho avuto l’occasione di andare di casa in casa a parlare con la gente, a chiedere dove prelevano l’acqua, di cosa si nutrono, la distanza dalla scuola, la salute dei figli. Seduti all’interno di una capanna adibita a cucina o all’esterno su di una stuoia o dentro ad un magazzino per le granaglie la gente etiope è davvero accogliente. Ti vorrebbero offrire anche ciò che non hanno e se sentono che il forenji, lo straniero, parla qualche parola della loro lingua si sciolgono e si aprono in sorrisi enormi. Le mie braccia piene di braccialetti colorati sono quasi sempre un input per fare amicizia, attraggono troppo donne e bambini. Dopo una giornata trascorsa tra case, latrine, visita al fiume, e dopo aver ringraziato ma rifiutato più volte la birra locale che avremmo dovuto bere a stomaco vuoto, alla fine abbiamo ceduto. Alle quattro del pomeriggio senza aver mangiato nulla e dopo aver finito l’unica bottiglietta di acqua , sotto un sole ancora prepotente, siamo entrati nell’oscurità fresca di una casa e ci siamo lasciati tentare dalle panche fatte di fango ricoperte di pelli di capra essiccate. Il bracere a lato della cucina è ancora caldo, le pentole e le stovilgie sono ben riposte sulle mensole anch’esse di fango, è una cucina di una famiglia ricca. Ci vengono lavate le mani con tanica e bacinella e ci viene offerta injera con shiro, piccantissimo! Segue una tazza di fresca birra locale fatta fermentare nelle taniche fuori di casa…va giù bene dopo il sugo piccante ma qualche minuto dopo la sentirò tutta nella testa! Mentre si chiacchiera e si gioca con l’ultimo genita della casa, una bimba dell’età di Geremia, arriva la macchina a prelevarci, si torna a casa: all’acqua corrente, al forno microonde, alla cucina elettrica. Ma l’immagine delle piccola che mentre è attaccata al seno della mamma gioca con il suo viso e fa versetti non mi abbandonerà perché anch’io quando torno a casa tra i miei elettrodomestici rivivrò la stessa identica scena con Geremia attaccato al seno che ripete gesti tali e quali. Chissà se anche il sorriso che faccio guardandolo è lo stesso della mamma che ci ha aperto la sua casa.

lunedì 16 gennaio 2012

16.01.2012 NUOVO ANNO NUOVE SCOPERTE

Buon anno! Eccoci entrati nel 2012 (anche se in Etiopia siamo nel 2004).
Dopo un Natale multiculturale ci siamo immersi in una nuova Etiopia i primi giorni dell’anno, infatti siamo stati nella regione Amhara, a nord rispetto ad Addis Abeba e attraversare per 600 km in macchina questa regione è stato tanto stancante quanto affascinante. Viaggiare dal mattino presto alla sera ci ha concesso di vedere la vita della gente nelle campagne: le mandrie e i greggi che vengono accompanati al pascolo, la maggior parte delle volte da bambini di non più di dieci anni, le donne cariche come i muli che le seguono che trottano lungo la strada piene di teff ( cereale con il quale si cucina la injera, piatto principale etiope) appena raccolto. I campi sono falciati di fresco e si ammucchia il teff ai bordi del campo o all’interno dei recinti delle case, distese a perdita d’occhio di cumuli di cereali , sembra impossibile sia tutto lavorato a mano. Da mani ruvide e braccia cotte dal sole, quelle dei contadini che ci salutano con un cenno mentre sono chini sul raccolto. Nelle ore centrali della giornata tutto sembra calmarsi, fa troppo caldo, ma nelle cittadine che si susseguono lungo il nostro percorso l’attività commerciale e di scambio non cessa mai. E i ragazzi tornano a casa da scuola, allora le strade grige si animano dei mille colori delle uniformi scolastiche che si riversano come un fiume arcobaleno sulle strade principali per poi dsperdersi nei vicoletti in mezzo ai campi che portano alle case lontane, invisibili a noi che percorriamo una strada statale. Nel tardo pomeriggio mandrie e greggi seguono pazienti i loro conduttori verso il riparo notturno, la gente comincia ad avvolgersi nei tradizionali scialli per affrontare il freddo della notte, ancora qualche lavoratore setaccia le proprie sementi vicino a casa, in men che non si dica cala la notte e le attività continuano al caldo del focolare al’’interno delle capanne, in famiglia e in compagnia delle bestie, che dormono accanto, separate soltanto da un telo di stoffa. E mentre noi raggiungiamo un albergo ci chiediamo come deve essere vivere in una capanna quando la notte il vento sferza gli alberi e grida tra i campi, chissà se un giorno saremo davvero capaci di immergerci tanto nella cultura locale.